Sono già otto giorni di nuova vita. E mi sembrano 8 anni e 8 minuti. È tutto surreale.
Ogni mattina mi sveglio in una stanza che sempre più sento come mia. Sotto il cielo. È un piccolo soppalco con una finestra grande che mi dice se piove, sentendo la pioggia in faccia, o se c’è il sole che mi sveglia poco per volta fino a che una voca mi dice “cafè?”. Si caffè, litri e litri, per iniziare giornate fatidiche alla ricerca di lavoro. “cafè solo o con leche?” caffè solo. Io. Lui con leche. Scende le scale e lo sento macchinare e canticchiare Giusy Ferreri. La casa si riempie di sapore italiano che poco a poco esce dalla finestra che da su Madrid. Ed inizio a sentirmi. Vivo non bene.
Ogni mattina dopo la doccia, dopo la sigaretta del buongiorno scendo in strada. La via ha un nome strano e aspetto che passi l’autobus. E inizio a riconoscere la gente che mi cammina davanti, le signore in sedia a rotella accompagnate dalla ragazze del volontariato che prendono la loro aria quotidiana. Il signore che accompagna l’anziana mamma a prendere il giornale, lei che non vede con i suoi cristalli verdi al posto degli occhi. E poi ancora il ragazzo emo che aspetta sempre il mio stesso autobus ed è già triste, di mattina mentre tutti sembrano sorridere.
Ogni mattina arrivo a casa mia, al di là del fiume, vicino lo stadio dell’Atletico Madrid e le signore con le borse della spesa attaccano bottone e mi chiedono che faccio, chi sono, perché sono qui, che pensano mamma e papà. Ed io sorrido perché è tutta cosa nuova. Al massimo a Roma ti mandano a fanculo i vecchi che si vogliono sedere…no qui no. La gente ti vede sorride e chiede. Ed io piccolo e stanco con occhi rossi sorrido loro chiedendo permesso di soggionrno.
Ogni mattina una volta arrivato a casa mi sento un po’ solo e mangio cose che il mio passato sevillano mi ha suggerito come dieta malsana e adorabile. Salse di ogni forma e sapore. Con verdure che io non potrei…ma chissenefotte.
Ogni giorno dopo aver sistemato la mia camera con colori miei e sapori e odori miei inizio a muovermi, alla ricerca di qualcosa da fare. Perché è così che funziona qui. La gente si sveglia e cerca di dare un senso aggiuntivo alla propria vita. Un lavoro, un arrangiarsi.
Ogni giorno dopo le risate con Alonso e Gustavo, dopo la fatidica puntata di Fama, dopo due sigarette e due caffè ripercorro lo stesso percorso. Autobus, gente, sorrisi, signore con il pane caldo e le verdure nelle borse (perché le buste costano troppo). Mi fermo dal cino per dos cervezas e un pezzo di cioccolata, salgo 4 piani di un palazzo del 1800 con le scale a chiocciola e ritrovo gli occhi lasciati la mattina, tristi occhi catalani che mi guardano e dicono “ciao”.
Sto bene. I miei occhi tornano a vedermi e quasi mi riconosco.